Valore probatorio di sms, messaggi di Whatsapp ed e-mail
La Corte di Cassazione, con la nota sentenza n.49016/17, ha ammesso il valore di prova legale delle conversazioni avvenute tramite Whatsapp, come ai sensi dell’art. 2712 c.c..
Tuttavia, per l’utilizzabilità delle chat in giudizio è necessaria l’acquisizione del supporto telematico, ossia dello smartphone, del tablet o del pc, che contiene le predette chat.
Anche una recente sentenza, la n. 19155/19, di grande valore pratico, ha formalmente riconosciuto il valore di piena prova anche agli sms ed alle email, i quali non possono essere disconosciuti mediante una generica contestazione. I predetti rappresentano riproduzioni meccaniche espressamente ammesse ex art. 2712 c.c..
Secondo i giudici della Corte di Cassazione, i quali esprimono un orientamento ormai consolidato dalla successiva giurisprudenza, i contenuti Whatsapp (immagini, messaggi, registrazioni audio) rappresentano la memorizzazione di fatti storici, e quindi devono essere considerati alla stregua di una prova documentale ex articolo 234 del Codice di Procedura Penale. Tale articolo, infatti, consente di acquisire in giudizio anche documenti che rappresentano fatti e persone mediante fotografie, cinematografia e fonografia o qualsiasi altro mezzo idoneo.
Dall’altro lato, però, la Cassazione ha ribadito che il valore legale della messaggistica è subordinato all’acquisizione in processo del supporto telematico che contiene la conversazione, in quanto si ritiene che solo con questa modalità sia possibile avere la certezza del contenuto e la genuinità della stampa.
Il messaggio contenuto in una chat di Whatsapp può essere “portato” anche mediante il cd. screenshot del display del cellulare in questione; deve essere stampato oppure allegato al fascicolo tramite chiavetta usb.
Controparte potrà contestarne la validità, ma varranno solo le eccezioni basate su fondati motivi, ad esempio sulla mancanza di una parte fondamentale del testo della conversazione, o dell’indicazione del mittente o della data.
La Suprema Corte precisa, inoltre, che è consentito far leggere il contenuto dei messaggi ad un terzo, il quale poi potrà testimoniare in giudizio, quale teste diretto e non de relato, esponendo il contenuto della conversazione sotto giuramento, con le conseguenze penali che ne derivano in caso di dichiarazione mendace.
In tal modo il contenuto Whatsapp entra nel processo esattamente come qualsiasi altra prova testimoniale . Tuttavia, questa possibilità è ammessa solo quando si tratti di teste diretto (quindi testimone oculare dei messaggi o delle immagini) e non come teste de relato.
La giurisprudenza ha ammesso anche la validità della trascrizione delle conversazioni contenute nelle chat Whatsapp. Tuttavia la controparte può contestare tale prova e chiedere la perizia di un tecnico circa la veridicità della trascrizione. A questo punto, il giudice di merito deve provvedere alla nomina di un tecnico d’ufficio al quale verrà consegnato lo smartphone per procedere alla verifica.
Dopo un esame accurato sia del supporto materiale che delle chat, il tecnico provvede a riportare il testo su di un documento ufficiale cartaceo, il quale diventa piena prova in giudizio.