Illegittimo il rigetto del rinnovo di porto di fucili per precedenti non connessi all’uso delle armi
In materia di porto d’armi, l’autorità di pubblica sicurezza dispone di un ampio potere discrezionale, correlato anche alla delicatezza degli interessi pubblici coinvolti.
Più in dettaglio, considerata la finalità preventiva dei provvedimenti concernenti le armi, per giustificare l’adozione dei provvedimenti medesimi non è richiesto un comprovato abuso ma è sufficiente un plausibile e motivato convincimento dell’autorità di polizia circa la possibilità di abusare delle armi medesime. In altre parole, per revocare o ricusare una licenza in materia di armi, non occorre un oggettivo e accertato abuso, bastando una erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 2 luglio 2014, n. 3341).
Sempre in considerazione della finalità preventivo–cautelare dei provvedimenti suddetti, gli stessi non sono necessariamente collegati a un’accertata responsabilità di carattere penale ma costituiscono il risultato di un apprezzamento amministrativo di distinta natura e di diversa portata, e possono assumere a presupposto, quali indici rivelatori della capacità di abuso, fatti ed episodi anche indipendenti dell’attivazione di procedimenti penali riferiti a reati contestualmente ravvisabili, avuto riguardo al momento dell’emanazione del provvedimento lesivo.
Per giustificare, dunque, dinieghi di rinnovo, revoche, divieti , non occorre un accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che l’interessato non dia affidamento di non abusare delle stesse, per sorreggere un diniego del rinnovo della licenza di porto d’armi bastano singoli episodi, anche privi di rilievo penale, il che si ha anche quando il procedimento penale sia stato archiviato senza che sia venuta meno la materialità del fatto ascritto, purché l’apprezzamento della pubblica amministrazione non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo” (ex multis Cons. Stato, Sez. VI, 16 gennaio 2017, n. 107).
Nel caso di specie, occorre preliminarmente rilevare che, come dedotto dal ricorrente, l’art. 12 r.d. n. 773 del 1931 è stato abrogato e, in ogni caso, non vi sono evidenze che il ricorrente non abbia osservato l’obbligo di istruzione scolastica dei minori.
Non sussiste, pertanto, alcuna causa automatica ostativa al rinnovo della licenza di porto d’armi.
Inoltre, dalla documentazione versata in atti dal ricorrente (certificato generale del casellario giudiziale, certificato dei carichi pendenti presso la Procura della repubblica di Vibo Valentia) non risulta che i procedimenti penali valorizzati dalla Questura di Vibo Valentia siano ancora pendenti, né il ricorrente abbia riportato condanne per i reati ipotizzati.
Anzi, il Pretore Circondariale di Vibo Valentia – Sezione Staccata di Serra San Bruno ha, dichiarato di non doversi procedere per intervenuta oblazione con riferimento ai reati edilizi (contestati e ritenuti ostativi al rinnovo di porto di fucile).
Il Tar Calabria, con la decisione n.1884/2018 dell’8 novembre, ha osservato che i fatti attribuiti al ricorrente non sono in alcun modo connessi all’uso delle armi, sicché non risulta conforme al criterio di ragionevolezza inferirvi, in assenza di ulteriori elementi, l’inaffidabilità del ricorrente nell’uso delle armi.
Tali conclusioni valgono anche in riferimento al reato di falsità ideologica del privato in atto pubblico, per il quale un familiare convivente dell’istante sarebbe stato denunciato: non vi sono evidenze che tale procedimento abbia portato a una decisione di condanna in sede penale, né che il esso sia ancora in corso; si tratta, inoltre, di reato dal quale non si può automaticamente dedurre l’inaffidabilità nell’uso delle armi da parte, peraltro, di un soggetto terzo.
Il provvedimento impugnato, quindi, non resiste alle critiche articolate da parte ricorrente.