Il rapporto nonno-nipoti e la risarcibilità del danno

 “In caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione”, proposta “iure proprio” dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno.

Infatti, non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola cd. “famiglia nucleare“, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto” (Cass. 21230/2016; conf. Cass. 29332/2017).

Nel caso di specie la Corte territoriale, discostandosi da tale principio, ha automaticamente escluso la sussistenza del danno morale patito dalla nonna, per effetto della morte del nipote, sulla sola base della non convivenza tra i due, senza invece considerare in concreto l’effettività e la consistenza della detta relazione parentale, rispetto alla quale la convivenza costituisce solo un utile elemento probatorio.

Pertanto è stata cassata con la pronuncia della Corte di Cassazione civile del 4 ottobre 2018 n. 24162.

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