La prova testimoniale nel giudizio tributario

Nel giudizio tributario, anche il contribuente, come l’Amministrazione finanziaria, ha la possibilità di introdurre dichiarazioni scritte rese da terzi, aventi valenza indiziaria in proprio favore, in conformità ai principi del giusto processo ex art. 6 CEDU, stante l’irrogazione, nell’ambito dello stesso, di sanzioni assimilabili a quelle penali.

Il divieto di prova testimoniale posto dall’art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992 si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l’impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell’amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento e che, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorre a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice.

Nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale, quindi, si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l’impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell’Amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento e che, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice. Ciò, analogamente, vale per il contribuente, il quale può produrre dichiarazioni di terzi che confermino i prezzi inferiori fatturati ai clienti.

La giurisprudenza di legittimità è ormai pacificamente orientata nel ritenere che l’inammissibilità del giuramento e della prova testimoniale vale soltanto per la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio delle parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, ovverosia per quella narrazione che, in quanto richiedente la formulazione di specifici capitoli e la prestazione di un giuramento da parte del terzo assunto quale teste, acquista un particolare valore probatorio; invece, le dichiarazioni dei terzi raccolte dai verificatori, quand’anche nell’ambito di un procedimento penale, e inserite nel PVC, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova.

Tanto è stato ribadito nella pronuncia Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 16-03-2018, n. 6616

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