Divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni e la prova della sua violazione
L’art. 232-ter del cosiddetto Codice dell’Ambiente, rubricato: Divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni (articolo introdotto dall’art. 40, comma 1, legge n. 221 del 2015) prevede che:
“Al fine di preservare il decoro urbano dei centri abitati e per limitare gli impatti negativi derivanti dalla dispersione incontrollata nell’ambiente di rifiuti di piccolissime dimensioni, quali anche scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare, è vietato l’abbandono di tali rifiuti sul suolo, nelle acque, nelle caditoie e negli scarichi”.
Dal verbale impugnato, elevato alla Società nostra Cliente, che ha contestato la violazione della superiore norma, non si è potuto comprendere la collocazione esatta dei menzionati rifiuti, alcuni dei quali piccolissimi, quindi, se ne deduce volatili ed effimeri; se dentro o fuori un cestino o un cassonetto atti raccoglierli, e se gli stessi siano stati abbandonati in siti vietati, quali, appunto, suolo, acque, caditoie (i.e. elemento del sistema di drenaggio urbano che serve ad intercettare le acque meteoriche, o di lavaggio delle strade, che scorrono in superficie e a convogliarle nella rete fognaria pluviale che scorre sotto al piano campagna) e scarichi.
Non è affatto chiaro, dunque, il perimetro della contestazione, cioè la condotta reprimenda, né a maggior ragione come e perché gli agenti verbalizzanti abbiano deciso di addebitare la colpa di una non meglio precisata infrazione alla società sanzionata.
Nessuna prova che colleghi i detti rifiuti ad una condotta illecita della Società è stata addotta, né eventuali video ripresi da telecamere posizionate in loco che riprendano soggetti riferibili alla detta società sorpresi a maneggiare i rifiuti in questione, né testimoni oculari, né tantomeno gli stessi agenti che in fragranza abbiano contestato violazioni al codice dell’ambiente ad alcuno! Né, infine, accertamenti mediante analisi di campione ex art. 15 L.689/1981 sono stati disposti sui reperti de quibus per accertarne la provenienza.
Secondo la recentissima giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Cons. St, sez. VI, 21.3.2017, n.1260 e 1261) affinchè il regime di responsabilità ambientale sia efficace, è necessario che l’Autorità competente accerti il nesso causale tra l’azione d’uno o più agenti individuabili ed il danno ambientale concreto e quantificabile, onde sia possibile imporre loro misure di riparazione, a prescindere dal tipo d’inquinamento di cui trattasi.
Del resto il principio “chi inquina paga” che pervade il cd codice dell’ambiente consiste nell’addossare ai soggetti responsabili i costi cui occorre far fronte per prevenire, ridurre o eliminare l’inquinamento prodotto.
L’art. 192 del menzionato codice prevede che le violazioni siano imputabili a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati.
Tuttavia, nel caso de quo NON è dato sapere quali siano state le verifiche eseguite; né si vuol credere che nel nostro Stato di Diritto basti rinvenire un foglio con l’indicazione di un nome perché al soggetto ivi indicato sia imputata una violazione e comminata una sanzione!
A carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti, non è configurabile una responsabilità oggettiva o per fatto altrui, in solido con l’autore materiale dell’abbandono, occorrendo che la violazione sia a questi imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dagli organi ed enti preposti al controllo, con conseguente esclusione della natura di obbligazione propter rem dell’obbligo di ripristino del fondo a carico del titolare di un diritto di godimento sul bene.
A fortiori allorchè si discorra di rifiuti dalle dimensioni piccolissime e di una lettera di vettura che ad ogni buon conto contiene l’indicazione di due soggetti, un mittente ed un destinatario, ma soprattutto, allorquando NON E’ STATA IN ALCUN MODO ACCERTATA LA PROPRIETA’ DEI RIFIUTI, né chi li abbia posti genericamente nella località indicata nel verbale di contestazione.
Pertanto, i principi espressi nella sentenze citate sono applicabili a fortiori al caso di specie.
Se la mera qualifica di proprietario del suolo non impone, di per sé sola, alcuna responsabilità od obbligo, in capo al medesimo proprietario, per il ritrovamento di rifiuti e il loro smaltimento nell’area di sua proprietà, e lo stesso dicasi nei riguardi di chi ne abbia la disponibilità a maggior ragione in capo ad una Società che, nel caso che ci occupa, ha sede legale a quasi 90 km dal sito dove i rifiuti in oggetto sono stati ritrovati, non si può assegnare la responsabilità di una violazione al codice dell’ambiente.
Gli stessi agenti verbalizzanti non hanno saputo individuare con esattezza la condotta vietata posta dalla nostra Cliente, tuttavia, illegittimamente ed arbitrariamente operato delle supposizioni prive di alcun serio riscontro fenomenico.
Si legge nelle sentenze citate che deve ritenersi l’insussistenza di ogni responsabilità, in capo al proprietario dell’area inquinata e da bonificare, per il sol fatto di tal sua qualità, ove non si dimostri che questi non abbia provocato o contribuito a provocare il danno, e ciò nel caso specifico non è avvenuto.
Si rileva come i prefati agenti abbiano omesso di considerare che anche l’azione naturale del vento, di animali randagi o di soggetti che rovistano tra i rifiuti per un misero guadagno o per disperazione, come spesso si vedono intorno ai cassonetti delle nostre città, avrebbe potuto spostare i leggeri rifiuti cartacei da un luogo ad un altro, ma sempre però limitrofo.
Palese, dunque, ai danni della nostra Cliente la violazione dell’art.3 L.689/1981 sull’elemento soggettivo nella commissione di violazioni amministrative, ossia sulla responsabilità per ogni propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia dolosa che colposa.
Non è stata comprovata in alcun modo una condotta illecita né tantomeno il nesso di dipendenza causale, la cui necessaria presenza è sancita dall’art. 27 della Costituzione, tra detta condotta, dagli incerti contorni, ed un evento dannoso.
Pertanto, il verbale elevato andrà ineluttabilmente annullato.