Violazione della instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale con l’Agenzia delle Entrate e Riscossione
Alcuni nostri Clienti, prima della notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione per presunta violazione della legge sulle imposte di registro, non si erano visti ricevere alcunchè dall’Agenzia delle Entrate, né una richiesta di chiarimenti né un invito al contraddittorio. Né sono stati interessati dalla visita ispettiva con relativo sopralluogo da parte della resistente.
Come in diritto amministrativo, il principio del contraddittorio endoprocedimentale trova il suo fondamento negli artt. 97 e 3 della Costituzione.
Tale principio è altresì presente nella normativa comunitaria. Ci si limita a richiamare la nota sentenza della Corte di Giustizia del 3 luglio 2014 (cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino) preceduta e seguita da altre dello stesso tenore. Nello stesso senso può essere utilmente richiamato l’art. 41, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, la c.d. Carta di Nizza, alla quale, ai sensi dell’art. 6, par. 1, del Trattato sull’Unione Europea, viene attribuito lo stesso valore giuridico dei trattati.
Il principio del contraddittorio endoprocedimentale trova anche riscontro nel diritto derivato europeo.
Con riguardo alla normativa interna, particolare rilevanza assumono le disposizioni contenute nello Statuo dei diritti del contribuente che, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della Legge 27 luglio 2000, n. 212, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario. Ne consegue che, se anche una norma contenuta in tale legge sembra avere un contenuto specifico, essa comunque detta un principio di carattere generale.
È il caso dell’art. 6, comma 2, dello Statuto, dal quale si desume il principio del contraddittorio endoprocedimentale. La norma, infatti, così dispone: “L’amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppure parziale, di un credito”.
L’uso del verbo “deve” esclude che si tratti di una facoltà della amministrazione finanziaria: essa è obbligata a procedere all’avvio del procedimento di accertamento attraverso la comunicazione da inviare al contribuente. La circostanza che si faccia riferimento solo al mancato riconoscimento di un credito e all’irrogazione di una sanzione non può far ritenere che in fattispecie diverse l’amministrazione non sia tenuta a comunicare l’avvio del procedimento e a provocare quindi il contraddittorio endoprocedimentale.
È facile osservare che l’irrogazione della sanzione si accompagna normalmente, nel medesimo procedimento, con la pretesa di un maggior tributo e non si riesce a cogliere la differenza, in termini di lesività della sfera patrimoniale del destinatario, tra un provvedimento che non riconosce, in tutto o in parte, un credito d’imposta vantato dal contribuente e un provvedimento con il quale si pretende una maggiore imposta.
Va , inoltre, rilevato che trovano applicazione le norme contenute nella Legge 7 agosto 1990, n. 241, in tema di procedimento amministrativo, di cui quello tributario costituisce una species, e ciò a sostegno del diritto al contraddittorio endoprocedimentale in seno a qualsiasi procedimento in capo sia al soggetto passivo dell’obbligazione tributaria che al soggetto passivo dell’obbligazione sanzionatoria.
La partecipazione del soggetto interessato al procedimento amministrativo, come si è precisato, trova il suo fondamento negli artt. 97 e 3 Cost. e quindi è configurabile come principio.
Le disposizioni di cui ai citati artt. 7, 8 e 10 della Legge n.241/1990 rientrano tra quelle di cui al capo III della legge in tema di partecipazione al procedimento amministrativo e sono direttamente strumentali all’osservanza dei principi generali dell’attività amministrativa di cui al capo I, tra i quali figura la trasparenza, da attuarsi per espressa previsione normativa (art.1) secondo le modalità previste dalla stessa legge. Se così è, la partecipazione del soggetto interessato al procedimento amministrativo assurge a livello di principio, che non può essere disatteso quale che sia la materia specifica alla quale si riferisce il procedimento.
Se la partecipazione al procedimento amministrativo si configura come un principio ineludibile, l’art. 13, comma 2, L.241/90 non può essere inteso nel senso che tale principio non opera in materia fiscale.
L’amministrazione finanziaria, in osservanza del principio del contraddittorio endoprocedimentale, è comunque tenuta ad informare il soggetto passivo dell’obbligazione, sia essa tributaria che sanzionatoria, dell’avvenuto avvio del procedimento di accertamento, a comunicare il progetto del provvedimento fiscale, assegnando un termine ragionevole entro il quale il destinatario possa presentare documenti e memorie per contrastare la pretesa, e a valutare le sue conclusioni difensive.
Va segnalata, infine, la tendenza del legislatore ad esaltare il contraddittorio in seno al procedimento tributario. Si vedano gli artt. 1, comma 1, lett. b), e 9, comma 1, lett. b), della Legge delega 11 marzo 2014, n. 23, recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita.
Infine, si segnala come con sentenza n. 19667 del 17 giugno 2014, la Corte di cassazione a Sezioni Unite, si è soffermata sul tema del contraddittorio endoprocedimentale, argomentando con considerazioni puntuali e logicamente ineccepibili fondate sulla Legge n. 241/1990, sullo Statuto dei diritti del contribuente e sulla normativa comunitaria.
La Suprema Corte, collegandosi al filone giurisprudenziale di cui alle sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione n. 16412/2007, n. 26635/2009 e n. 16184/2013, nonché alla sentenza della Sez. V n. 15311/2014, si esprime per l’esistenza di un principio generale che sancisce il diritto al contraddittorio endoprocedimentale, desumendola dall’art. 7 della Legge n.241/1990, dagli artt. 5, 6, 7, 10 e 12 dello Statuto, “che sostanzialmente riproducono, con riferimento ad uno speciale procedimento amministrativo, alcune delle fondamentali regole dettate dalla Legge n. 241/1990”, nonché dalla normativa comunitaria costituita dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dalle sentenze della Corte di Giustizia del 18 dicembre 2008 (causa C-349/07, Sopropé) e del 3 luglio 2014 (cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino).
La Corte precisa che “la pretesa tributaria trova legittimità nella formazione procedimentalizzata di una ‘decisione partecipata’ mediante la promozione del contraddittorio (che sostanzia il principio di leale collaborazione) tra amministrazione e contribuente (anche) nella fase ‘precontenziosa’ o ‘endoprocedimentale’, al cui ordinato ed efficace sviluppo è funzionale il rispetto dell’obbligo di comunicazione degli atti imponibili”.
Il Supremo Collegio prosegue rilevando che “il diritto al contraddittorio … realizza … il buon andamento dell’amministrazione, presidiato dall’art. 97 Cost.” e trova la sua ratio fondante, tra l’altro, nella “tutela dell’interesse – giuridicamente protetto – dei soggetti destinatari del procedimento” “a poter controdedurre agli assunti su cui si basa l’iniziativa procedimentale dell’amministrazione”.
Alla luce di quanto ampiamente argomentato, la mancanza di un contraddittorio endoprocedimentale con i contribuenti , i quali avrebbero potuto chiarire alcuni determinanti aspetti della controversia che ci occupa rappresenta un invalicabile vulnus dell’atto impugnato.